Lo sapete già ma lo ripetiamo lo stesso: ogni azienda è obbligata a conservare a norma i documenti→. Ma che significa “a norma”?
Significa che la conservazione digitale è una procedura regolamentata e uniformata, e le aziende devono seguire le indicazioni della normativa per far sì che la validità legale dei documenti sia mantenuta in modo standard nel tempo.
Detto in altri termini: tutti dobbiamo conservare allo stesso modo. In caso di controversie legali o controlli fiscali, la corretta conservazione permette di dimostrare che quei documenti sono autentici, integri e non sono stati manomessi.
Standardizzare il processo di conservazione serve a proteggere i documenti ma anche a evitare controversie ed equivoci. Provate a immaginare cosa accadrebbe se ognuno conservasse a modo proprio: non sarebbe di fatto possibile dare una valutazione oggettiva in merito ai documenti. Cosa li renderebbe validi ai fini fiscali? Come valutare un originale rispetto a una copia? Come verificare la veridicità di una data o una firma?
Insomma, la conservazione serve proprio come garanzia a noi prima che a chiunque altro.
Le fasi del processo di conservazione: i pacchetti
Durante il processo di conservazione digitale→, i documenti devono attraversare determinate fasi. Tali fasi si traducono nella produzione dei cosiddetti “pacchetti”, ossia contenitori di dati che includono sia i documenti sia una serie di dati e metadati a loro associati.
Una sorta di scatola, quindi, in cui sono contenuti tutti gli elementi che identificano quei documenti.
I pacchetti (perciò le fasi) sono tre:
- pacchetto di versamento→
- pacchetto di archiviazione
- pacchetto di distribuzione
In questo articolo esaminiamo più nello specifico il pacchetto di archiviazione (Archival Information Package – AIP), abbreviato in PdA.
Da un pacchetto all’altro: dal versamento all’archiviazione
Il pacchetto di archiviazione (detto anche di conservazione) viene generato a partire dal pacchetto di versamento (Submission Information Package – SIP), il quale, ricordiamo, viene creato da chi produce il documento, di solito un’azienda, sotto la responsabilità del Responsabile della Conservazione→, come indicato nel Manuale di Conservazione→.
Da qui, viene “passato” a chi ha l’onere di conservare il documento, ossia il fornitore del servizio di conservazione→.
Quest’ultimo genera quidni il pacchetto di archiviazione (detto anche di conservazione): applica cioè nel pacchetto ricevuto le proprie firme digitali e marcature temporali, congelando in tal modo il pacchetto stesso, quindi i documenti e i dati contenuti.
Il pacchetto di archiviazione nel dettaglio
Così come per i pacchetti di versamento e distribuzione, anche la struttura del pacchetto di archiviazione fa riferimento allo standard SInCRO (Supporto all’Interoperabilità nella Conservazione e nel Recupero degli Oggetti digitali – UNI 11386:2010), che è lo standard nazionale che definisce la struttura dei dati nel del processo di
conservazione.
Un Pacchetto di Archiviazione (PdA) è, come abbiamo detto, una “scatola” che contiene una serie di informazioni. Nello specifico in un pacchetto di archiviazione troviamo:
- gli elementi sottoposti a conservazione (documenti, fascicoli elettronici, aggregazioni documentali ecc…);
- dati e metadati associati a talil elementi;
- l’indice del Pacchetto di Archiviazione (IPdA).
Una volta generato l’Indice del Pacchetto di Archiviazine (IPdA), Il Responsabile del Servizio di Conservazione (che NON è il Responsabile della Conservazione) vi appone la firma digitale e la marca temporale: da questo momento i pacchetti di versamento non potranno più essere modificati.
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