Le opere intellettuali sono protette dal concetto di “diritto d’autore“, una tutela dell’attività creativa. Vi rientrano opere letterarie, artistiche e musicali ma non solo: anche i software sono protetti dallo stesso principio poiché considerati a pieno titolo opere d’intelletto.
Ecco perché la stessa vendita degli applicativi si basa sulla licenza d’uso ed ecco perché i produttori si stanno orientando sempre più verso soluzioni cloud, più fruibili ma anche più difficilmente contraffabili.
In questo articolo approfondiremo la tematica del diritto d’autore applicato al software cercando di chiarire i concetti sopraelencati.
Un po’ di storia: le origini del software
La storia dei software affonda le sue radici in un paio di secoli addietro. Tutto inizia da una brillante matematica londinese, Ada Lovelace. Quando Charles Babbage – docente di Matematica all’Università di Cambridge – le affida la traduzione di alcuni manoscritti, lei non si limita a capirli e tradurli.
È il 1842 e il professore ha già immaginato i primi prototipi di computer, la Difference Engine e la Analyitcal Engine (Macchina Differenziale e Macchina Analitica). Ada vi aggiunge numerose note, una delle quali è un vero algoritmo in grado di calcolare i numeri di Bernoulli: questo codice è considerato il primo programma informatico della storia.
Quei computer e programmi non furono prodotti per via dei costi altissimi del tempo. Il primo software effettivo risale alla Seconda guerra mondiale, quando Alan Turing si ingegna per decifrare “Enigma”, la macchina di criptaggio dei messaggi militari tedeschi.
Nel 1945 l’ungherese John Von Neumann crea la Electronic Discrete Variables Automatic Computer, una macchina programmabile tramite software.
Da lì il percorso è stato sempre in discesa, aprendo dagli anni ’50 ai primi software nei laboratori di ricerca e, dagli anni ’60, a quelli per il consumo di massa (e-mail, videogiochi e in seguito internet).
Il concetto di opera intellettuale
Ci spostiamo ora sul campo legislativo, per capire il collegamento tra diritto d’autore e software.
La chiave è il concetto di prestazione di opera intellettuale: con questo termine si intende una prestazione per la cui esecuzione è richiesta un’attività intellettiva che risulta nettamente prevalente rispetto a quella materiale.
In parole povere, prestare opera intellettuale significa svolgere un’attività principalmente mentale, intellettiva, quindi creativa. In questo tipo di lavoro è la creazione intellettiva a “decidere” il risultato, più che l’azione fisica, che può comunque esserci ma che risulta comunque secondaria.
L’opera intellettuale è regolata dagli articoli del Codice Civile che vanno dal 2229 al 2238. In questo concetto rientrano a pieno titolo i programmi per elaboratori e banche dati di qualunque genere – quindi anche i software.
Il diritto d’autore
Come accennato, il diritto d’autore tutela le opere intellettuali e i loro autori. Il diritto d’autore, a differenza dei brevetti, non richiede alcun onere di deposito.
Il diritto d’autore si compone di:
- Diritto morale d’autore. L‘autore ha il pieno diritto di rivendicare la paternità dell’opera, decidere se vi possano essere effettuate modifiche (e nel caso quali), pretendere di ricevere il credito della sua creazione, disconoscere i falsi. È un diritto perpetuo, inalienabile e completamente personale e non può essere trasferito (dopo la morte è trasmesso ai familiari), eccetto rare eccezioni.
- Diritto patrimoniale d’autore. L’autore possiede il diritto esclusivo di sfruttare economicamente l’opera e farvi profitto, riprodurla, rielaborarla, modificarla e gestirla. In questo caso, però, il diritto può essere trasferito dall’autore a terzi, volontariamente e per iscritto, come accade alla pubblicazione di un libro (parte dei diritti è spostata all’editore).
La vendita dei software: il concetto di licenza
Anche i software, quindi, rientrano nella sfera del diritto d’autore in quanto opere d’intelletto.
Perché possiamo usare i software altrui e in che modo?
Trattandosi di opera d’ingegno protetta dal diritto d’autore, il software non è venduto come un prodotto, bensì come una produzione intellettuale. Ciò significa che le aziende possono farne uso su due livelli separati.
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La maggioranza dei software, anche quelli a pagamento, arriva agli utenti tramite licenza d’uso. In questo caso i creatori del programma concedono a terzi il diritto di installare e utilizzare il programma, secondo una serie di regole precise e prestabilite. Per esempio potrebbero concedere di usarlo solo su determinate macchine o in una certa quantità o, ancora, solo con alcune delle sue funzioni.
Si può dare un software in licenza gratis oppure a fronte di corrispettivo economico. Ci sono anche molte possibilità di concederlo, per esempio con un acquisto una tantum (quindi a vita) oppure per un determinato periodo.
Un contesto più raro è la cessione totale dei diritti patrimoniali d’autore del software. In questo caso, e solo in questo, l’acquirente può utilizzarlo e rivenderlo a proprio piacimento. Avrà accesso anche al codice sorgente con la possibilità di modifiche illimitate.
Perché il Cloud?
Molti rimpiangono l’era in cui, una volta acquisita la licenza, si poteva installare il software nel proprio computer o nei server aziendali.
Da qualche tempo sempre più software house, come Adobe o Microsoft, concedono l’uso dei propri programmi non tramite acquisto una tantum bensì con un abbonamento mensile/annuale e una fruizione via web.
Questa scelta commerciale ha permesso ai produttori di proteggere maggiormente i propri applicativi da un’eventuale contraffazione.
Ma attenzione: i vantaggi sono anche per l’utente: un applicativo in cloud sarà sempre aggiornato all’ultima versione, non occuperà spazio inutile e sarà accessibile da qualunque dispositivo.